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RECENSIONE: Almarina (Valeria Parrella)

Aggiornamento: 21 mar 2021



Voto: 3/5

Autore: Valeria Parrella

Editore: Einaudi, 2019

Pagine: 136

Genere: Narrativa italiana, Narrativa moderna e contemporanea

Prezzo: € 17.00 (copertina), € 9.99 (ebook)

Acquista: Libro, Ebook


 

Trama

Può una prigione rendere libero chi vi entra? Elisabetta insegna matematica nel carcere minorile di Nisida. Ogni mattina la sbarra si alza, la borsa finisce in un armadietto chiuso a chiave insieme a tutti i pensieri e inizia un tempo sospeso, un'isola nell'isola dove le colpe possono finalmente sciogliersi e sparire. Almarina è un'allieva nuova, ce la mette tutta ma i conti non le tornano: in quell'aula, se alzi gli occhi vedi l'orizzonte ma dalla porta non ti lasciano uscire. La libertà di due solitudini raccontata da una voce calda, intima, politica, capace di schiudere la testa e il cuore. Esiste un'isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull'acqua, ed è lí che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant'anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l'altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze».

Proposto per il Premio Strega 2020 da Nicola Lagioia: "Nella storia del rapporto, in un carcere minorile, tra una professoressa di matematica e la sua nuova allieva si nasconde una vicenda che ci riguarda tutti. Quanto siamo disposti a metterci in gioco davanti agli altri? Il dolore ci accomuna, la paura trae costantemente il peggio da noi, il senso del dovere può diventare una scusa per andare sempre in giro con la guardia alta. Fino a quando la vita non ci obbliga a scegliere. Almarina racconta tutto questo con un'intensità e una misura ammirevoli, e una forza linguistica rara, segnando una tappa importante nella letteratura italiana di questi anni."


Recensione

"Napoli è una città che ci sa fare con la morte, le dà il giusto peso, che è quello della vita: cioè, preso individualmente, poco più di nulla. Così, dopo una mezz'ora dal decesso (parlavano in questo modo i medici ma di chi?), Antonio era nella morgue e io scendevo le scale che, volessi o non volessi, mi stavano facendo svoltare vita"


Il suo nome è Elisabetta Maiorano è nata a Napoli nel Novecento, è una cinquantenne vedova del marito Antonio ed è insegnante di matematica a Nisida, un carcere minorile dove la parola d’ordine è andare e venire, un luogo ancora in cui la vecchia vita finisce per lasciar posto ad altro, sia che si guardi ciò con la prospettiva del detenuto che con quella del visitatore che per una ragione o l’altra vi fa ingresso.

Due sono le protagoniste del romanzo: la prima è questa docente che vive in un dolore mai completamente elaborato, l’altra è una ragazza diciassettenne di nome Almarina Luchian condannata per furto (il minore dei reati commessi e per questo salvata da un passato fatto di violenze e soprusi, di padri padroni approfittatori e maligni), che in quel futuro vuol crederci.

Inaspettata è la nascita di quell'amore che le lega e altrettanto inarrestabile ne è la forza. Quello che ha inizio è un viaggio variegato fatto di ricordi e non, ma soprattutto di speranza. È l’inizio di una crescita e di una maturazione interiore che si sviluppa nel luogo di solitudine, paura e condanna per eccellenza; il carcere. Perché se l’insegnante ha vissuto negli ultimi tre lustri vincolata alla memoria di un uomo venuto a mancare e in un profondo sentimento di colpa che la rende vittima di pregiudizio, dall'altro vi è una giovane donna che ha ancora, nonostante tutto e tutti, prospettive. È tramite lo sguardo di quest’ultima che la prima inizia a cambiare e a guardare il mondo dentro, e l’altrettanto mondo nefasto fuori Nisida, con uno sguardo diverso. È tramite questo rapporto insegnante-detenuta, madre-figlia mai avuta, che entrambe maturano a vicenda, vincendo, in particolare Elisabetta, quei fantasmi che dalla morte del coniuge la accompagnano.

Il risultato è una storia forte, di rinascita, con grande contenuto e morale e avvalorata da una scrittura ricca ed elaborata. Tuttavia, talvolta nello scorrimento il carattere intimista è eccessivo, circostanza che tende a rendere più farraginosa la lettura, a ridurre ai minimi termini quello che sarebbe e potrebbe essere l’approfondimento dell’universo carcerario e a far perdere di interesse e di coinvolgimento al conoscitore che si sente sfiancato da questo continuo percorso interiore.


"I ricordi restano sempre dove li abbiamo lasciati: noi ci alziamo, andiamo, richiamati a tavola dalle madri, e i ricordi restano sugli scalini."


"Il mio professore di geometria, del resto, diceva sempre che devi puntare il compasso da qualche parte, per capire quanto ampio puoi disegnare il cerchio, e Almarina sta lì, giusto al centro."


 

Alcune note su Valeria Parrella

Scrittrice italiana, si è laureata in Lettere Moderne all'Università di Napoli con una tesi in glottologia. In seguito si è specializzata come interprete della Lingua Italiana dei Segni e ha lavorato all'E.N.S. di Napoli, dove vive.

Ha esordito nel 2003 con una raccolta di sei racconti intitolati Mosca più balena edita dalla casa editrice Minimum Fax con la quale ha vinto il Premio Campiello Opera Prima.

Diversi racconti della giovane autrice sono apparsi nell'antologia Pensa alla salute pubblicata da l'ancora del mediterraneo nel 2004. Sempre nel 2004 ha pubblicato nell'antologia La qualità dell'aria il suo racconto Verissimo e nel 2005 un'altra raccolta di racconti, Per grazia ricevuta, libro arrivato tra i cinque finalisti al Premio Strega dello stesso anno e vincitore del Premio Renato Fucini per la miglior raccolta di racconti. Nel 2007 pubblica con Bompiani Il Verdetto.

Nel 2008 pubblica con Einaudi il suo primo romanzo, Lo spazio bianco, da cui Francesca Comencini ha tratto l'omonimo film. Per Rizzoli ha pubblicato Ma quale amore (2010), seguito da Lettera di dimissioni (Einaudi 2011) e Tempo di imparare (Einaudi 2014).

È autrice dei testi teatrali Il verdetto (Bompiani 2007), Tre terzi (Einaudi 2009, insieme a Diego De Silva e Antonio Pascale), Ciao maschio (Bompiani 2009), Antigone (Einaudi 2012), Euridice e Orfeo (Bompiani, 2015) e Dalla parte di Zeno (Teatro Nazionale di Napoli, 2016). Per Ricordi, in apertura della stagione sinfonica al Teatro San Carlo, ha firmato nel 2011 il libretto Terra su musica di Luca Francesconi. Ha inoltre curato la riedizione italiana de Il Fiume di Rumer Godden (Bompiani 2012). Da anni si occupa della rubrica dei libri di «Grazia» e collabora con «La Repubblica». Nel 2019 pubblica con Einaudi Almarina e l'anno dopo Quel tipo di donna (HarperCollins Italia, 2020).


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