Autore: Mike Wilson
Traduttore: Livio Santoro
Editore: Edicola Ediciones, 2024
Pagine: 144
Genere: Narrativa straniera, Avventura, Western
Prezzo: € 16.00
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Trama
A metà strada tra riflessione metafisica e pensiero geologico, l'autore argentino-statunitense Mike Wilson ci regala un romanzo di ispirazione western in cui una trama ridotta all'osso si accompagna a una lingua essenziale e ipnotica, invitandoci a mettere a confronto i tempi fugaci della nostra esistenza con quelli assai più estesi di un pianeta che non si cura delle gioie e dei patimenti umani, né ovviamente della nostra idea di cosa siano il bene e il male.
Recensione
La natura entra nella sfera umana per la forza con cui si separa da ogni ordine simbolico oppure per la sua predisposizione al dominio e al controllo. In altre parole è qualcosa che sta sul lato opposto di tutto ciò che possiamo comprendere e produce una strana paura nella nostra parte più intima, oppure risulta perfettamente sotto il nostro controllo. Essa ci trasporta e ci tiene compagnia anche nei nostri spazi più intimi. La natura si confronta con noi alcune volte per dominarci, altre è ciò che costituisce la definizione stessa di ciò che è dominato, controllato, regolato. Questa breve descrizione di due condizioni fondamentali della vita occidentale, sembra costituire il viaggio stesso del protagonista di questo romanzo. In questo libro, l'autore, scrive una storia ascetica, priva di ogni eccesso, che racconta l'avventura da incubo di un cowboy perso nell'immensità del paesaggio e che scopre, suo malgrado e nei modi più strani, il limite stesso di ciò che è umano rispetto alla natura che crede di dominare. E per quanto riguarda Dio è un po' la stessa cosa.
Ambientato in un mondo che ha molto a che fare con il cinema western, in un tempo che si può immaginare come il XIX secolo, un uomo senza una direzione fissa, se non quella di dirigersi sempre verso l'orizzonte e dormire all'aperto, incontra nel suo cammino strana gente: dai lebbrosi lontani dalla Provvidenza ai membri di quella che immagina essere parte di una setta, vestiti di abiti rossi, che sembrano inclini al culto degli dei eretici e al sacrificio umano. Man mano che il viaggio dell'uomo avanza, incontra simboli sempre più misteriosi di qualcosa che non comprende, ma che lo affascina e lo spaventa in parti uguali, come accade con tutto ciò che non si riesce a conoscere. Questo cowboy sa che qualcosa sta accadendo, che le grandi montagne e le gole oscure sono ormai teatro di una presenza davvero malvagia e che questi strani adoratori, che lui uccide non appena incontra e che annota su un taccuino, non sono fanatici privi di verità. C'è qualcosa in quel paesaggio che ricorda le bestie pagane delle religioni precedenti al monoteismo. Di quel Dio oscuro che, dopo l'esperienza del cristianesimo, chiamiamo “diavolo”. Il romanzo lo dice bene: il Dio del Levitico.
Lo scrittore affronta la complessa questione di come raccontare ciò che non può essere catturato da nessun simbolo, da nessuna parola e dove il paganesimo rappresenta la componente mitica. Il tutto con delle parole serrate, precise, che mostrano un lento ingresso di un protagonista senza nome in un incubo bestiale che riguarda la mancanza di controllo di una forza primordiale che lo perseguita costantemente, sia tra i sogni che fa quando dorme nelle notti fredde, sia in figure sempre più strane di sacerdotesse e altri viaggiatori, fino ad arrivare agli animali cornuti direttamente dal cuore del satanismo. Il protagonista del romanzo è muto, quasi senza parole, con un narratore in terza persona che racconta come, nei sogni di questo strano cowboy, prevalga un pianeta rosso deserto e misterioso, ma non Marte, bensì un pianeta di morte e putrefazione che convive, come un parassita silenzioso, con le rocce del deserto e il cielo a volte azzurro, a volte nero.
Un libro che è un western horror, ma né l'uno né l'altro genere rendono giustizia alla proposta dell'autore (che ha senza dubbio echi di Cormac McCarthy). Quella che si presenta davanti al lettore è una storia avvincente, dove ogni parola va masticata un po' per capire dove punta, dove sta andando: il movimento verso ovest, un altro dei miti nordamericani diventa un movimento verso gli inferi.
Il cowboy, appena inizia la storia, contrae una strana lebbra, che gli viene raccontata essere la traccia del Dio oscuro che percorre il deserto: un dono che lascia a chi lo vede. Qui si hanno le pietre: sacrificali, rosse, scurite o umane, perché il cowboy, come chi vede il volto di Medusa, si trasforma letteralmente in pietra, gesso, in quanto potente e di sorprendente chiarezza. Se la pietra è parte della natura organica ghiacciata, immobilizzata, pietrificata, quest'opera sembra indicare che in certe rocce c'è qualcosa di più dei resti di alberi o animali preistorici che ne hanno attraversato la superficie. Forse ci sono anche i resti di qualche civiltà scomparsa, contenuti nei bordi frastagliati delle montagne. Forse, anche, la scrittura di una creatura da noi insospettabile. Una creatura così antica le cui tracce potrebbero addirittura essere di un Dio.
Consiglio questo romanzo a tutti coloro che cercano una lettura breve, con una trama semplice, ma di una densità tremenda.
Alcune note su Mike Wilson
Mike Wilson, di padre americano e madre argentina, ha trascorso l’infanzia tra Cile, Texas e Paraguay, e l’adolescenza a Buenos Aires. Dal 2005 vive a Santiago del Cile. Ha pubblicato diversi romanzi tra cui Rockabilly, Leñador, Ciencias ocultas, Némesis e Wittgenstein y el sentido tácito de las cosas. Ha ricevuto, tra gli altri, il Premio de Creación Artística Universidad Católica, il Premio de la Crítica chilena e il Premio del Consejo Nacional de la Cultura y las Artes.
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