RECENSIONE: L'algoritmo bipede. L’avvincente storia di come mente, corpo e tecnologia evolvono insieme (Martina Ardizzi)
- Dalla carta allo schermo
- 7 ore fa
- Tempo di lettura: 4 min


Autore: Martina Ardizzi
Editore: EGEA, 2025
Pagine: 152
Genere: Saggi, Informatica
Prezzo: € 16.50 (cartaceo), € 12.99 (ebook)
Acquista sito editore: https://www.egeaeditore.it/ita/prodotti/scienze-umane/l-algoritmo-bipede_.aspx
Trama
Che cosa succede al nostro cervello quando le nostre mani iniziano a utilizzare una tecnologia inventata dalla nostra stessa mente? Un viaggio affascinante tra neuroscienze, evoluzione e innovazione che ci racconta come siamo diventati esseri umani e come (forse) stiamo diventando qualcos'altro. Martina Ardizzi ci guida con leggerezza e ironia attraverso i meccanismi più profondi della nostra mente, svelando come ogni nostro strumento - dal primo sasso scheggiato ai visori virtuali - non sia solo un oggetto esterno, ma una vera e propria protesi del nostro pensiero. Un saggio che trasforma la complessità scientifica in una narrazione coinvolgente, dove scopriamo che il cervello umano non è un organo chiuso, ma un sistema dinamico che si adatta costantemente all'ambiente, incorporando tecnologie, linguaggi e nuove esperienze. Il racconto che si dipana in queste pagine ci restituisce la meraviglia di scoprirci esseri in continua evoluzione, capaci di immaginare mondi nuovi e reinventarci senza sosta. Un libro che non solo spiega come funzioniamo, ma ci invita a riflettere su chi siamo e chi potremo diventare. Prefazione di Luca De Biase.
Recensione
In questo saggio la neuroscienziata Martina Ardizzi traccia un percorso attraverso i meccanismi più profondi della nostra mente, svelando come ogni nostro strumento dal primo sasso scheggiato ai visori virtuali non sia solo un oggetto esterno, ma una vera e propria protesi del nostro pensiero.
Quante volte, in questi tempi digitali, ci capita di aggrottare le sopracciglia rendendoci conto di esserci già dimenticati quell'appunto preso poco fa sul cellulare, di non essere più capaci di svolgere quel calcolo affidato a un computer o di non ricordare l'immagine di un bel momento appena passato, andando a cercare conforto tra i dettagli di una fotografia? Il cervello della nostra specie sta cambiando. Esattamente, però, come ha sempre fatto nel corso della nostra storia, e in particolare a partire dal momento in cui abbiamo intrapreso il percorso che da agili quadrupedi ci ha portati a diventare l'uomo attuale. E allora forse non vale più la pena di domandarsi con nostalgia chi eravamo, ma che cosa diventeremo.
Cosa succede al nostro cervello quando le nostre mani iniziano a utilizzare una tecnologia inventata dalla nostra stessa mente? Ricercatrice al Dipartimento di Medicina e chirurgia, unità di Neuroscienze, dell'Università di Parma, dove insegna Psicobiologia, l'autrice parte da questo interrogativo per guidarci con leggerezza e ironia attraverso i meccanismi più profondi della nostra mente, svelando come ogni nostro strumento, dal primo sasso scheggiato ai visori virtuali, non sia solo un oggetto esterno, ma una vera e propria protesi del nostro pensiero.
Tutto ciò perché il cervello umano non è un organo chiuso, ma un sistema dinamico che si adatta costantemente all'ambiente, incorporando tecnologie, linguaggi e nuove esperienze. Quello cerebrale è un sistema altamente plastico che non rimane statico, ma si modifica continuamente in risposta agli stimoli ambientali. La nostra specie ha sempre utilizzato la tecnologia per estendere le proprie capacità cognitive, creando strumenti che diventano parte integrante del nostro processo di pensiero.
Gli effetti di questo continuo percorso di evoluzione hanno scandito la nostra storia: basti pensare a come l'utilizzo del fuoco ci abbia permesso da un lato di cuocere cibi alimentando così l'apporto calorico per fare crescere il nostro cervello, ma soprattutto di estendere le ore di veglia produttive da 8 a 16, favorendo lo sviluppo di competenze sociali e linguistiche durante le serate attorno al focolare. Oppure a come la scrittura ci abbia da un lato consentito di esternalizzare alcune funzioni cognitive, conservando e trasmettendo informazioni nel tempo, e dall'altro ci abbia aiutato ad estendere l'esistenza degli oggetti verso una dimensione astratta che andasse oltre l'esperienza materiale, dando il la allo sviluppo di una "mente simbolica". Senza viaggiare troppo indietro nel tempo, poi, possiamo trovare prove della continua evoluzione del nostro cervello anche intorno a noi. A Londra, ad esempio, studi scientifici hanno infatti dimostrato che i tassisti della City hanno un ippocampo di destra significativamente più grande rispetto ai cittadini comuni; la grandezza dell'area cerebrale deputata all'orientamento spaziale è direttamente proporzionale alle ore di lavoro trascorse guidando per la città.
Nel saggio, Ardizzi indaga l'impatto di Internet, delle tecnologie immersive e dell'intelligenza artificiale sul cervello umano e analizza come queste innovazioni modifichino i nostri processi cognitivi. E, se da un lato stiamo migliorando la nostra capacità di adattarci a flussi informativi complessi e a connettere informazioni diverse, dall'altro stiamo frammentando i nostri processi cognitivi ed erodendo le nostre capacità di memorizzazione e di attenzione prolungata sotto il peso di un costante sovraccarico informativo e di un discreto stress da multitasking. La tecnologia dà e la tecnologia toglie. Come dal momento in cui abbiamo preso in mano il primo chopper della storia "umana".
Di fronte a una sempre più evidente dissoluzione dei confini tradizionali tra corpo, mente e tecnologia, uniti in un sistema in continua e mutua trasformazione, la scienziata suggerisce che l'obiettivo non possa più essere definire i limiti dell'umano, ma comprendere le sue infinite possibilità di trasformazione.
Questo piccolo ma intenso libro si rivela un viaggio avvincente tra neuroscienze, evoluzione e innovazione, in cui mente, corpo, ambiente e tecnologia si modificano insieme, passo dopo passo.
Un saggio che consiglio a tutti coloro che vogliono fare una lettura affascinante che si districa tra neuroscienze, evoluzione e innovazione che racconta come siamo diventati esseri umani e come (forse) stiamo diventando qualcos’altro.
Alcune note su Martina Ardizzi
Martina Ardizzi è Ricercatrice al Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Unità di Neuroscienze, dell’Università di Parma, dove insegna Psicobiologia e Psicobiologia dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. È membro del Centro di Bioetica dello stesso ateneo, siede nel comitato scientifico della Biennale della Tecnologia di Torino ed è trustee di Imminent Translated’s Research Center.
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