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Immagine del redattoreDalla carta allo schermo

RECENSIONE: Little Fire Everywhere

Aggiornamento: 18 mar 2021


Voto: 3/5

Piattaforma: Amazon Prime Video

Anno: 2020

Puntate: 8

Durata: 53-66 minuti (puntata)

Genere: Drammatico


 

Trama

Ambientata a Shaker Height in Ohio, segue i destini intrecciati dei Richardson, una famiglia apparentemente perfetta, e di un madre, Mia, e sua figlia che finiscono per sconvolgere la loro esistenza. Secondo le anticipazioni, la storia esplora il peso dei segreti e affronta temi quali la natura dell’identità, dell’arte e il carattere feroce che può accompagnare la maternità. A tutto ciò si affianca anche la credenza pericolosa secondo cui seguire le regole può scongiurare qualsiasi disastro.


Recensione

Little Fires Everywhere è un adattamento, in otto puntate, di un romanzo, l’omonimo bestseller di Celeste Ng. I parallelismi con Big Little Lies, recente produzione televisiva di successo, sono particolarmente evidenti; protagonista di entrambe le serie è Reese Witherspoon in un ruolo molto simile di matriarca sempre alla ricerca di una facciata impeccabile, ossessionata dal pianificare qualsiasi evento, compresa la vita dei figli e i rendez-vous sessuali con il marito, in un presunto idilliaco scenario di una cittadina americana. Anche la struttura narrativa sembra essere a prima vista la stessa: la scena iniziale di Little Fires Everywhere mostra, come in Big Little Lies, un evento drammatico, in questo caso una proprietà di famiglia in fiamme, e pone la domanda su chi sia responsabile, per poi riportare il racconto indietro di un anno. L’enorme casa in fiamme è quella della famiglia Richardson a Shaker Heights, Ohio, un sobborgo perfetto di Cleveland; qui Elena Richardson (Witherspoon) ha tutto sotto controllo, da suo marito (Joshua Jackson), ai quattro figli. Il fatto che la figlia più giovane Izzy (Megan Stott) inizi a ribellarsi all’inizio del nuovo anno scolastico sembra essere per Elena il problema più grande, ma con l’arrivo delle Warrens (madre e figlia) a Shaker Heights molte crepe si apriranno nel suo mondo perfetto e nella irreprensibile immagine di sé. Mia Warren (Kerry Washington) è praticamente l’opposto di lei: un’artista afroamericana single che lavora anche in un ristorante cinese, indossa abiti di seconda mano e vive girovagando. Tutte le piccole scintille che risultano dalla collisione dei diversi ambienti di vita rappresentati dalle due donne non potranno essere tenute sotto controllo a lungo. Cosi la curiosità, scatenata dalla scena iniziale, di sapere chi abbia appiccato l’incendio nella tenuta dei Richardson va man mano scemando in quanto la serie rallenta presto il suo ritmo narrativo manifestando chiaramente di non essere un thriller ma un dramma da conflitti familiari e relazioni interpersonali. I dialoghi poco scorrevoli e il tratteggio di figure inizialmente poco sfaccettate appaiono subito come punti deboli della narrazione, come pure alcuni colpi di scena e personaggi secondari che estremizzano quello che è il vero soggetto di questa storia: il difficile rapporto tra madri e figlie.

Cosa costituisce la maternità, anche al di là delle componenti biologiche? Quali modelli cerca una figlia? Little Fires Everywhere affronta queste domande in modo molto differenziato, il fatto che Mia e Pearl siano di colore estende queste considerazioni a differenze di classe, stili di vita divergenti e, naturalmente, razzismo. La serie espone in vari modi i pregiudizi della classe borghese bianca istruita, spesso celati da  falsa accondiscendenza, mostrando la tensione tra la ricerca di identità, la paura della perdita e la sessualità.

Little Fires Everywhere mostra la sua rilevanza proprio quando si preoccupa meno di dimostrare che è una serie “impegnata”, come quando Mia ha un sussulto appena una volante della polizia si mette a seguirla o quando Elena aiuta Izzy a prepararsi per il ballo. Sono attimi e dettagli di verità che mostrano la profondità di questi personaggi quando tutte le sovrastrutture vengono bruciate via.


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