RECENSIONE: La ballata di Charley Thompson (Willy Vlautin)
- Dalla carta allo schermo

- 23 ore fa
- Tempo di lettura: 5 min


Autore: Willy Vlautin
Traduttore: Fabio Genovesi
Editore: Jimenez, 2025
Pagine: 240
Genere: Narrativa straniera, Narrativa moderna e contemporanea
Prezzo: € 19.00
Acquista: Libro
Acquista sito editore: https://www.jimenezedizioni.it/la-ballata-di-charley-thompson-willy-vlautin/
Trama
Charley Thompson ha quindici anni, e da grande vuole diventare un campione di football. Intanto però i suoi sogni sono molto più modesti: una casa vera, qualcuno che gli prepari da mangiare, un posto dove farsi degli amici senza dover cambiare città in continuazione. Ma senza una madre e con un padre come il suo tutto questo non è possibile. Ray è un operaio specializzato, con un talento innato per cacciarsi nei guai, e così la loro vita è un eterno migrare tra i piccoli centri del Nordovest americano, sempre in fuga da qualcuno o qualcosa. Charley sperava che a Portland le cose sarebbero andate meglio, e invece si ritrova più solo e incasinato che mai, costretto a lavorare nelle stalle di un ippodromo malmesso, tra fantini sovrappeso, allenatori senza scrupoli e cavalli buoni a niente. Qui Charley ha due sole consolazioni: una foto di sua zia Mary, che non vede da anni e non sa dove sia finita, e la compagnia di Lean on Pete, un vecchio cavallo zoppo che diventa il suo unico amico. È insieme a Pete che Charley deciderà di prendere in mano il proprio destino e partire, tuffandosi in un lungo viaggio senza sapere esattamente verso dove. Spinto da una speranza debole eppure irresistibile, migliaia di chilometri a piedi su strade e sentieri polverosi, Charley incontrerà personaggi indimenticabili, tra pericoli, sorprese e clamorose lezioni di vita. Con un on the road appassionato e commovente, Willy Vlautin ci porta nel cuore del grande deserto americano, quello dei panorami smisurati e quello che sta dentro la vita di persone sole e sperse. Da questo romanzo è tratto il film Charley Thompson (Lean on Pete), con Charlie Plummer, Chloe Sevigny e Steve Buscemi.
Recensione
Willy Vlautin racconta da sempre un’America laterale, lontana dalle luci delle grandi città, fatta di stazioni di servizio, periferie dimenticate, lavori precari, sogni troppo fragili per resistere agli urti della vita. In questo romanzo questa poetica trova una delle sue espressioni più intense e dolorose, attraverso una storia di formazione che scava nell’abbandono, nella povertà affettiva e nella struggente necessità di essere visti.
Charley Thompson ha quindici anni e una vita che non somiglia a quella dei suoi coetanei. Con un padre instabile e incapace di assumersi davvero la responsabilità del suo ruolo, Charley è costretto a spostarsi continuamente da una città all’altra, senza mai il tempo di costruire amicizie durature, senza punti fermi. La madre è assente, una figura che pesa proprio perché non c’è, e tutto ciò che al ragazzo resta è la fiducia ostinata nelle parole di un padre che promette sempre una svolta che non arriva mai.
Quando i due si stabiliscono a Portland, sembra profilarsi l’ennesima possibilità di ricominciare. Il padre trova piccoli lavori, Charley prova a inserirsi in una nuova scuola, coltiva il sogno di diventare un campione di football. Ma l’equilibrio è precario, e basta poco perché crolli. Un evento improvviso spezza definitivamente la fragile struttura della sua esistenza e costringe Charley ad affrontare, per la prima volta, una solitudine concreta, spaventosa, totalmente adulta.
Proprio in questo momento entra in scena Lean on Pete, un cavallo da corsa stanco, maltrattato, ormai considerato inutile. Charley trova lavoro nelle scuderie di un ippodromo e, tra pulire box, sveglie all’alba e fatica fisica, nasce lentamente un legame profondo con l’animale. In Pete, Charley riconosce una creatura vulnerabile come lui, destinata allo scarto, all’abbandono. Il loro rapporto non è romantico: è fatto di cura, di attenzioni minime, di silenzi condivisi. È un’alleanza tra due esseri che stanno cercando, ciascuno a modo proprio, di sopravvivere.
Quando Charley comprende quale sarà il destino del cavallo, prende una decisione che segna una svolta radicale nel romanzo. Inizia così un viaggio lungo, estenuante, spesso disperato, attraverso un’America aspra e indifferente. Un percorso fatto di fame, stanchezza, paura, incontri occasionali che rivelano il volto più duro della marginalità. È un viaggio che mette continuamente alla prova il suo corpo e la sua mente, ma soprattutto la sua capacità di credere ancora negli altri e in sé stesso.
Il viaggio è anche una potente metafora della crescita: Charley non attraversa solo spazi geografici, ma soprattutto la perdita dell’innocenza. Ogni chilometro percorso lo allontana dall’infanzia e lo spinge verso una maturità che arriva troppo presto. Vlautin non addolcisce mai questo passaggio: lo mostra nella sua brutalità, nel suo essere ingiusto, nel suo togliere più di quanto conceda.
Uno dei grandi punti di forza del romanzo è lo stile. La scrittura di Vlautin è asciutta, precisa, priva di qualsiasi compiacimento. Non cerca l’effetto melodrammatico, non forza l’empatia del lettore: la conquista con la semplicità dei gesti, con il peso delle piccole cose. Un pasto caldo, un riparo per la notte, una carezza data a un animale diventano eventi enormi, carichi di significato. È una lingua che rispecchia perfettamente il mondo che descrive: povero di mezzi, ma ricchissimo di umanità.
La ballata di Charley Thompson è anche una profonda riflessione sulla genitorialità mancata. Il padre di Charley non è un cattivo in senso classico: è un uomo fragile, inadeguato, schiacciato dai propri fallimenti. Proprio per questo, la sua assenza emotiva risulta ancora più dolorosa, perché nasce non dalla crudeltà, ma dall’incapacità. Vlautin mostra con grande lucidità quanto l’egoismo adulto possa ricadere come una condanna sulle spalle dei più giovani.
Il romanzo tocca anche temi sociali importanti: la povertà, la precarietà lavorativa, il destino degli “scartati”, siano essi uomini o animali. L’America che emerge da queste pagine non è quella delle opportunità, ma quella delle seconde possibilità negate, dei margini che diventano centro solo quando qualcuno decide di guardarli davvero.
Eppure, nonostante la durezza del racconto, questo non è un libro privo di luce. La speranza in Vlautin non è mai enfatica, ma esiste nella forma della resistenza, nella capacità di Charley di continuare a camminare, di prendersi cura di qualcun altro, di non trasformarsi completamente nella somma delle sue ferite. È una speranza fragile, forse imperfetta, ma autentica.
Un romanzo che lascia il segno perché non cerca di salvare il lettore dal dolore, ma lo accompagna dentro una storia che parla di tutti: del bisogno d’amore, della paura di essere lasciati indietro, del desiderio di avere finalmente un posto nel mondo. È una lettura che commuove senza ricatti emotivi, che ferisce senza compiacimento, che resta addosso anche quando l’ultima pagina è stata girata.
Un libro bellissimo consigliato a chi ama i romanzi di formazione intensi e realistici, lontani da ogni retorica e a chi cerca una narrativa emotivamente forte, capace di lasciare il segno senza ricatti sentimentali.
Alcune note su Willy Vlautin
Willy Vlautin è nato e cresciuto a Reno, in Nevada, è uno scrittore e musicista (leader dei Richmond Fontaine, ora membro dei Delines). È autore di sette romanzi: Motel Life (Jimenez 2020), Verso Nord (Jimenez 2022), La ballata di Charley Thompson (Mondadori 2014, Jimenez 2025), Io sarò qualcuno (Jimenez 2018), The Free (Jimenez 2019), La notte arriva sempre (Jimenez 2021) e Il cavallo (Jimenez 2024). Da La ballata di Charley Thompson è stato tratto il film Lean on Pete di Andrew Haigh, uscito negli Stati Uniti nel 2017. Da The Motel Life è stato tratto il film omonimo (2012) diretto dai fratelli Alan e Gabe Polsky, con protagonisti Emile Hirsch e Stephen Dorff. Il film è stato presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2012, dove ha vinto il Premio del pubblico e il Premio per la miglior sceneggiatura. Nel 2019, con Io sarò qualcuno, è stato finalista al Pen/Faulkner Award, uno dei più prestigiosi premi letterari degli Stati Uniti. Con Il cavallo ha vinto il Joyce Carol Oates Prize 2025 ed è stato finalista agli Oregon Book Awards 2025. Ha ricevuto critiche positive per la sua narrazione commovente sulla sofferenza, la redenzione e la speranza.

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