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RECENSIONE: Anatomia della «Scomparsa». Sciascia, Amaldi, Majorana (Vincenzo Barone)


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Autore: Vincenzo Barone

Editore: Bollati Boringhieri, 2025

Pagine: 224

Genere: Saggi, Fisica

Prezzo: € 20.00 (cartaceo), € 11.99 (ebook)

Acquista: Libro, Ebook



Trama

Il 6 e il 9 agosto 1945 l'inferno atomico si scatenò sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Quelle terribili esplosioni, che uccisero in un solo accecante momento decine di migliaia di persone, rappresentano per alcuni il «peccato originale» della scienza contemporanea. Il dibattito che si accese subito dopo in tutto il mondo toccò questioni fondamentali, dall'atteggiamento dei fisici durante la guerra, alla responsabilità morale degli scienziati, ai rapporti tra scienza e potere. L'Italia si trovò in prima linea, dal momento che erano stati gli esperimenti di Enrico Fermi e dei «ragazzi di via Panisperna» a produrre inconsapevolmente la prima fissione dell'uranio ed era stato lo stesso Fermi, emigrato negli Stati Uniti dopo il Nobel, a costruire il primo reattore nucleare e a dirigere i lavori scientifici per la realizzazione della bomba. Nel 1975, a trent'anni dall'atomica, uscì il libro "La scomparsa di Majorana" di Leonardo Sciascia, e il dibattito divampò nuovamente sui giornali italiani. Prendendo spunto dalla vicenda del giovane fisico svanito misteriosamente nel nulla nel marzo 1938, Sciascia avanzava l'idea che Ettore Majorana avesse deciso di scomparire avendo presagito la bomba e non volendo macchiarsi di quel delitto. Fermi e gli altri fisici, così solerti nel portare a termine il progetto nucleare, non avevano mostrato, agli occhi dello scrittore siciliano, la stessa integrità. Al libro reagì sulla stampa Edoardo Amaldi, allievo di Fermi e amico di Majorana, dando il via a una polemica infuocata. Per Amaldi, Majorana non avrebbe avuto modo di intuire l'atomica, e l'intera vicenda del Progetto Manhattan era assai più complessa, anche dal punto di vista etico, di quanto lasciavano intendere le pagine della Scomparsa, per quanto pregevoli fossero dal punto di vista letterario. Rileggendo "La scomparsa di Majorana" e analizzando i temi del confronto a distanza tra lo scrittore e il fisico – a cinquant'anni dalla pubblicazione del libro e ottanta dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki –, Vincenzo Barone ci offre in questo saggio, preciso e profondo, l'«anatomia» di un'opera straordinaria e di uno dei dibattiti intellettuali più significativi del Novecento.


Recensione

La figura di Ettore Majorana continua a esercitare, a più di ottant’anni dalla sua misteriosa scomparsa, un fascino unico nel panorama culturale italiano. Non solo perché la sua vicenda biografica è avvolta nel mistero – un giovane scienziato che, nel 1938, sparisce nel nulla dopo aver scritto lettere di congedo enigmatiche – ma perché la sua assenza sembra racchiudere un significato simbolico più ampio, una riflessione sulla scienza, sulla coscienza e sull’enigma dell’uomo moderno.


È da questa premessa che prende le mosse Vincenzo Barone, fisico teorico e divulgatore scientifico, in questo saggio. Il titolo, già di per sé eloquente, suggerisce un’analisi minuziosa, quasi forense, di un mistero che da decenni stimola la curiosità di storici, scrittori e studiosi. Ma l’"anatomia" di Barone non è un freddo smontaggio di fatti: è piuttosto un’indagine intellettuale, in cui il rigore scientifico si intreccia con la sensibilità letteraria.


Il libro si struttura attorno a tre figure che, in modi diversi, hanno costruito l’immagine di Majorana: Leonardo Sciascia, Edoardo Amaldi e lo stesso Ettore Majorana. Barone sceglie di metterle in dialogo, come se ciascuna rappresentasse una prospettiva diversa su un unico evento: la scomparsa.


Da una parte c’è Sciascia, lo scrittore che nel 1975, con La scomparsa di Majorana, trasformò la vicenda in una parabola morale. Per lui, Majorana non è soltanto uno scienziato fuggito, ma un uomo che sceglie di scomparire come atto di ribellione etica. In un mondo in cui la scienza si prepara a diventare potenza distruttiva, siamo ormai nell’epoca dell’atomica, Majorana rappresenta la coscienza che si ritrae, che rifiuta di essere complice. Sciascia lo eleva così a figura quasi letteraria, un simbolo dell’intellettuale che non si piega alla logica del potere.


All’estremo opposto si colloca Edoardo Amaldi, amico e collega di Majorana nel gruppo di Fermi. Il suo sguardo è quello dello scienziato, pragmatico e concreto: Amaldi rifiuta ogni interpretazione romanzesca, convinto che la scomparsa di Ettore sia da ricondurre a un dramma personale, a un cedimento psicologico più che a una scelta morale. Nei suoi ricordi, Majorana appare come un uomo geniale ma fragile, incapace di adattarsi alla vita quotidiana, prigioniero delle proprie inquietudini.


Infine, c’è Majorana stesso, che Barone cerca di riportare al centro del discorso. Non più come mito, né come fantasma letterario, ma come individuo reale, con le sue paure, la sua intelligenza fuori dal comune e la sua complessità emotiva. Barone lo tratteggia con delicatezza, attraverso documenti, lettere e testimonianze, cercando di restituirgli voce e umanità.


Uno degli aspetti più interessanti del libro è proprio il modo in cui Barone riesce a far dialogare due linguaggi apparentemente lontani: quello della scienza e quello della letteratura. Da fisico, conosce la materia di cui parla: descrive con precisione i contributi di Majorana alla teoria dei neutrini, la sua straordinaria intuizione teorica, il rispetto che gli tributava Fermi. Ma da scrittore, Barone è consapevole che la verità di questa storia non si trova solo nei calcoli o nei documenti, bensì nella tensione tra ciò che si può conoscere e ciò che resta oscuro.


Il risultato è un saggio che unisce rigore analitico e profondità narrativa. Ogni capitolo sembra costruito come un’“autopsia” dell’enigma, ma anche come una meditazione sull’assenza, sulla scelta, sulla libertà. Barone evita la tentazione del sensazionalismo, che pure accompagna spesso i racconti su Majorana, e preferisce muoversi sul terreno più fertile del dubbio. Non pretende di risolvere il mistero, ma di comprenderne le molteplici letture.


L’idea di “scomparsa” diventa così, nel libro, una categoria universale. Non è soltanto la sparizione fisica di un uomo, ma anche il segno di una frattura tra conoscenza e senso, tra progresso tecnico e consapevolezza morale. In questo senso, la riflessione di Barone dialoga in modo profondo con la contemporaneità: con un mondo che produce sapere e innovazione a ritmi vertiginosi, ma spesso fatica a interrogarsi sul significato umano e etico di ciò che scopre.


In una delle pagine più belle, Barone suggerisce che la scomparsa di Majorana potrebbe essere letta come un “esperimento mentale”, un gesto estremo di chi decide di sottrarsi al destino che la scienza e la società gli impongono. Un modo per affermare, paradossalmente, la propria libertà. E tuttavia, l’autore non cade mai nell’idealizzazione: riconosce anche la dimensione tragica, forse patologica, di una mente eccezionale che non trova pace né nella vita accademica né in se stessa.


Lo stile dell'autore è sobrio ma elegante, capace di fondere il tono divulgativo con quello meditativo. Le sue pagine non hanno la freddezza del trattato, ma la chiarezza di chi conosce la materia e vuole renderla accessibile senza banalizzarla. Barone accompagna il lettore come un narratore paziente, disposto a spiegare ma anche a lasciare sospesi i punti più oscuri. È in questa sospensione, in questo spazio di silenzio, che il libro trova la sua forza: la consapevolezza che certi enigmi non sono fatti per essere risolti, ma per essere abitati.


Questo libro non è soltanto un saggio su Majorana: è una riflessione sulla condizione del sapere contemporaneo, sul rapporto tra verità e interpretazione, tra individuo e collettività. È un libro che parla tanto agli scienziati quanto ai lettori di Sciascia, perché mostra come la conoscenza, senza coscienza, rischi di smarrire il suo senso.


Lo scrittore, con la sua doppia identità di fisico e umanista, offre una prospettiva preziosa: quella di chi sa che dietro ogni formula c’è un volto, dietro ogni teoria una storia, e dietro ogni scomparsa una domanda che continua a risuonare.


Alla fine della lettura, il lettore non trova una soluzione al mistero di Majorana, e forse è giusto così; ma trova qualcosa di più importante: la consapevolezza che anche l’assenza può essere una forma di presenza, che il silenzio di un uomo può continuare a interrogare generazioni intere.


Consigliato a chi ama i saggi che intrecciano scienza, letteratura e filosofia; è affascinato dalle figure enigmatiche e irrisolte e cerca una lettura che stimoli tanto la mente quanto la coscienza.



Alcune note su Vincenzo Barone

Vincenzo Barone insegna fisica teorica presso l'Università del Piemonte Orientale. La sua ricerca riguarda la fenomenologia delle particelle elementari e, in particolare, le interazioni forti. Per Bollati Boringhieri ha pubblicato Relatività. Principi e applicazioni (2004), L’ordine del mondo. Le simmetrie in fisica da Aritstotele a Higgs (2013) e curato l'antologia di scritti di Enrico Fermi, Atomi Nuclei Particelle (2009).


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