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RECENSIONE: Cento giorni che non torno. Storie di pazzia, di ribellione e di libertà (Valentina Furlanetto)




Autore: Valentina Furlanetto

Editore: Laterza, 2024

Pagine: 288

Genere: Saggi, Psicologia

Prezzo: € 20.00 (cartaceo), € 12.99 (ebook)

Acquista: Libro, Ebook


 

Trama

Questa è la storia di Franco Basaglia, nato nel 1924, figura rivoluzionaria che ha dimostrato che i ‘pazzi’ potevano vivere fuori dagli istituti e che ha lottato per il superamento degli ospedali psichiatrici. Ma è anche la storia di Rosa, coetanea di Basaglia, una giovane donna nata e cresciuta non lontano da lui, che viene investita da un’auto e che da quel momento combatte con le crisi epilettiche e con la malattia mentale. Rosa per tutta la vita affronta il manicomio, l’elettroshock, l’uso massiccio di psicofarmaci, l’assenza di diritti civili, lo stigma. «Cento giorni che non torno», ripete a una delle figlie che la va a trovare in manicomio di nascosto, perché una madre internata è una vergogna. Le due vite di Franco e Rosa corrono parallele in un secolo in cui l’approccio alla malattia mentale cambia profondamente. Con l’approvazione della legge 180 si apre una stagione di speranze, ma l’iniziale entusiasmo lascia spazio presto alla lotta delle famiglie con servizi pubblici sottodimensionati, alla preoccupazione per i Tso violenti, alla diffusione di un ‘manicomio chimico’.


Recensione

Quest'anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Franco Basaglia e l'autrice vuole ricordarlo attingendo alle memorie della sua famiglia.


Cento anni dalla nascita del famoso psichiatra, ma anche di quella di un personaggio solo apparentemente secondario. Una donna in carne ed ossa vissuta realmente di nome Rosa, coetanea di Basaglia e residente non troppo distante da lui. Le loro strade non si sono mai intersecate anche se lo studioso italiano la vita della donna l'ha cambiata completamente.


Mentre lo psichiatra ha innovato il campo della salute mentale, Rosa lo ha subito e ha sofferto tutto ciò che hanno provato uomini e donne ricoverate. Bisogna precisare che nei primi anni del secolo scorso erano prevalentemente le donne ad essere rinchiuse in quanto ogni motivazione risultava buona per essere internata. Ad esempio una donna poteva essere rinchiusa perché ballava in strada.


La giornalista è andata alla ricerca delle memorie e della cartella clinica di Rosa e ha scoperto che la donna, da adolescente, entra in coma in quanto investita da un auto presumibilmente di proprietà di un gerarca nazista. Lo donna, fortunatamente, riesce ad uscire dal coma, ma soffre di crisi epilettiche. All'epoca non vi è distinzione fra neurologia e psichiatria così viene internata e curata con l'elettroshock senza anestesia come si fa nella prima metà del '900. Oltre a tutto ciò vi è la stigma in quanto, in quegli anni, avere all'interno della famiglia una persona psichiatrica è una vergogna. La situazione diventa ancora più drammatica se si pensa che ogni malata non ha diritti civili, non può votare.


La frase che dà il titolo al libro è quella che pronuncia Rosa ogni volta che i parenti vanno a trovarla al manicomio di Sant'Artemio di Treviso. La donna si rende conto che la vita prosegue; fuori dalla finestra percepisce il cambio delle stagioni e lo scorrere del tempo che, purtroppo, riesce a vivere solo dietro le sbarre.


L'autrice è molto abile nell'alternare la storia di Rosa con quella di Basaglia. Ciò rende la lettura più leggera e meno "asettica".


Un ottimo libro per scoprire non solo la tragica vita di Rosa, ma anche quella del famoso neurologo.


Franco Basaglia, nato nel 1924, è stato il principale motore del concreto cambiamento della psichiatria: grazie alle sue teorie e all’esperienza messa in pratica nei manicomi di Gorizia e Trieste ha ridato diritti e dignità a migliaia di persone. Uomini, donne, ragazzi, vestiti tutti uguali con un lungo camicione grigio, reclusi, a volte costretti nelle camicie di forza, sottoposti a bagni ghiacciati e letti di contenzione oltre che ad un uso scellerato di psicofarmaci, con Basaglia hanno potuto riprendersi la vita e disporre del proprio tempo. Da istituzione pensata per difendere i sani dai malati, l’ospedale psichiatrico diventa il luogo dove persone deboli possono essere curate e salvate. Ne 1961 viene nominato direttore della clinica psichiatrica di Gorizia ed entra in contatto con la vera realtà psichiatrica dell’istituto, caratterizzata principalmente da trattamenti aberranti regolarmente inflitti ai malati, non considerati persone in difficoltà e da aiutare, bensì soggetti da controllare, reprimere, sedare e nascondere. Basaglia, ben presto, comincia a sostenere che il rapporto tra terapeuta e paziente deve basarsi su presupposti diversi da quelli vigenti, come ad esempio il dialogo e non l’annientamento dell’altro. Per questo inizia una battaglia per restituire alle persone internate maggiore dignità e diritto alle cure. In poco tempo riesce a modificare i metodi di cura applicati in quel periodo. In primo luogo viene eliminata la terapia elettroconvulsivante e quella farmacologica viene considerata solo un metodo per concedere la possibilità di riabilitarsi più velocemente. Cerca di trasformare i manicomi in comunità terapeutiche in cui medici, operatori e pazienti possiedono pari dignità e pari diritti: i rapporti non sono più verticali, bensì orizzontali, e viene privilegiata la collaborazione tra pari. Il più grande merito di Franco Basaglia è stato quello di restituire dignità alla malattia mentale, non considerando il paziente come un oggetto da aggiustare, ma una persona da accogliere, ascoltare, comprendere, da aiutare, e non da recludere o da nascondere.


Un saggio ben scritto e appassionante che sensibilizza sulla salute mentale mettendo al centro due storie importanti, quella di Basaglia e quella di Rosa. Il valore aggiunto del volume è proprio la testimonianza della vita di quest'ultima che, essendo legata all'autrice, risulta molto emozionante.


Consiglio questo libro a tutti coloro che vogliono comprendere meglio come il riconoscimento e la cura della malattia mentale è cambiata con il trascorrere del secolo, fortunatamente in meglio, anche se vi è ancora molto da fare.


 

Alcune note su Valentina Furlanetto

Valentina Furlanetto, giornalista, lavora a Radio24 e collabora con “Il Sole 24 Ore”,“Il Foglio” e “Review”. A Radio24 conduce la trasmissione Immagini. Le storie della settimana e lavora ai radiogiornali. Ha pubblicatoSi fa presto a dire madre (Melampo 2010) e L’industria della carità (Chiarelettere 2013). Per Laterza è autrice diNoi schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa (2021, Premio Leogrande Studenti 2022).


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