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RECENSIONE: L'altro ispettore. Vietato pensare (Pasquale Sgrò)


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Autore: Pasquale Sgrò

Editore: Corbaccio, 2025

Pagine: 192

Genere: Narrativa italiana, Gialli

Prezzo: € 16.90 (cartaceo), € 9.99 (ebook)

Acquista: Libro, Ebook


Trama

Domenico Dodaro, ispettore del lavoro trentottenne, dopo la morte della moglie torna a Lucca, la città dove è cresciuto. A Lucca c’è sua madre che può prendersi cura di Mimì, la figlia adolescente, c’è la sorella Lucrezia e c’è Alessandro, l’amico di famiglia paraplegico in seguito a un incidente in cantiere dove il padre di Domenico aveva perso la vita molti anni prima. Ma Domenico non fa in tempo ad ambientarsi, a riprendere contatto con i vecchi amici e a ritrovare i luoghi della sua infanzia, che l’agognata tranquillità viene scossa da un tragico evento: la morte di Karina Bogdani, giovane operaia tessile e ballerina piena di sogni, stritolata dall’orditoio di una nota industria della zona. Tra scatoloni ancora da aprire, nuovi colleghi e memorie dolorose risvegliate dal ritorno in città, Domenico si trova catapultato in un’indagine che, nel confine vischioso tra lecito e consentito, svela le crepe di un sistema lavorativo spietato. Per fortuna, a scalfire un impenetrabile muro di omertà e reticenze, troverà, inaspettato, il sostegno della PM Raffaella Pacini, compagna di classe e di avventure politiche al liceo, con la quale condivide, oltre alla sete di verità e giustizia, tanti ricordi del passato e una bella amicizia da recuperare.


Recensione

Con questo giallo, Pasquale Sgrò firma un romanzo che, pur muovendosi nel solco del giallo investigativo, si distingue per la capacità di unire introspezione, analisi sociale e tensione narrativa. È una storia che lavora su più livelli e che mette al centro non solo un caso da risolvere, ma soprattutto la complessità dell’essere umano davanti al dolore, al senso di responsabilità e al bisogno di verità.


Domenico Dodaro, ispettore del lavoro, torna nella sua città d’origine, Lucca, non per nostalgia ma per necessità: dopo la morte improvvisa della moglie, il suo mondo è crollato e il ritorno alle radici rappresenta un tentativo di ricomporre un’esistenza frammentata. Ma Dodaro non è il classico investigatore tormentato “di maniera”: è un uomo comune, credibile, pieno di fragilità, che cerca di rimanere fedele a se stesso in un sistema che spesso lo costringe a muoversi tra compromessi e zone grigie.


Sgrò lo tratteggia con sensibilità, lasciando emergere lentamente il dolore, le abitudini interrotte, la fatica di rientrare in una casa che non sente più sua. In questo senso, la dimensione privata diventa un contrappunto costante all’indagine, arricchendo il personaggio e rendendolo sorprendentemente vicino al lettore.


Il cuore del romanzo si accende con la morte di Karina Bogdani, giovane lavoratrice tessile. Quello che appare come un incidente sul lavoro si rivela presto un caso più complesso, in cui le procedure non sono solo regole da applicare, ma strumenti che possono proteggere oppure, al contrario, mascherare responsabilità.


Sgrò evita sensazionalismi e fa emergere tutta la realtà, spesso taciuta, del mondo del lavoro: vulnerabilità, sicurezza percepita come un costo, silenzi interessati, sogni migranti che si infrangono. L’indagine diventa così un modo per parlare di dignità, di diritti e di ciò che succede quando pensare e sollevare dubbi diventa quasi un atto sovversivo.


Nel percorso di Dodaro si inserisce la figura di Raffaella Pacini, pubblica ministera e amica d’infanzia. Il loro rapporto, fatto di confidenza naturale e rispetto professionale, restituisce un equilibrio narrativo prezioso. Raffaella è un personaggio curiosamente luminoso: non sovrasta mai l’ispettore, ma ne mette in risalto i punti di forza e ne smussa le esitazioni. Insieme formano un duo credibile e misurato, lontano dagli stereotipi dell’investigazione spettacolare.


Ambientare la storia a Lucca è una scelta felice: Sgrò la racconta come una città che può sembrare placida a un primo sguardo, ma che custodisce pieghe, dinamiche e contraddizioni. Le mura, i vicoli, i quartieri industriali: tutto contribuisce a creare un’atmosfera che accompagna l’indagine senza mai prevaricarla.


Lo stile di Sgrò è pulito, diretto, ma non privo di sfumature. Il ritmo alterna momenti più introspettivi a fasi di tensione crescente, mantenendo sempre un filo narrativo solido. L’attenzione ai dettagli procedurali è un valore aggiunto: l’ispettore del lavoro non è un detective qualsiasi e l’autore riesce a rendere interessante e viva una professione raramente rappresentata nella narrativa di genere.


Un giallo che non si accontenta della superficie. Non si concentra solo sul mistero, ma su ciò che il mistero porta alla luce: disuguaglianze, sistemi fragili, vite sospese. È un romanzo che indaga non solo un caso, ma la società e l’animo umano.


Un’opera consigliata a chi ama i thriller che sanno essere profondi, ai lettori che cercano personaggi reali e non stereotipati, e a chi apprezza i libri che spingono a porsi domande, anche quelle che non è conveniente fare.



Alcune note su Pasquale Sgrò

Pasquale Sgrò è nato a Motta San Giovanni in provincia di Reggio Calabria, ma da anni vive e lavora a Lucca. È stato ispettore del lavoro e, dal 2000, è titolare dello Studio Sgro, che si occupa di consulenza nel campo della prevenzione infortuni, igiene del lavoro e aspetti ambientali.


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