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RECENSIONE: The Lighthouse (Robert Eggers)

Aggiornamento: 6 feb 2021


Voto: 4/5

Regista: Robert Eggers

Anno: 2019

Durata: 109 minuti

Genere: #thriller, #horror, #film


Trama

Fine XIX secolo, New England. Una nave veleggia verso un'isola remota al largo della costa. Trasporta due uomini e qualche scorta che li aiuti a sostentarsi per un mese. I due devono lavorare per quattro settimane come guardiani del faro. Il più anziano, Thomas Wake (Willem Dafoe), è un supervisore navigato, marinaio vecchio stampo, rozzo e rude. Il più giovane e novello guardiano, Ephraim Winslow (Robert Pattinson), è un ragazzo all'apparenza mite e chiuso in se stesso, che non cerca mai un vero confronto con il compagno. L'atmosfera è da subito tesa e inquietante, specie perché Thomas delega ogni lavoro più sporco e faticoso a Ephraim, sostando la notte nella parte alta del faro, alla luce della Lente di Fresnel.

Dal non parlarsi proprio, i due protagonisti cominciano a instaurare lentamente un rapporto tossico, accompagnato da litri di trementina e storie di vecchi lupi di mare, piene di mistero e strane creature. Il giovane guardiano si fa impressionare e condizionare dai racconti, cominciando a sperimentare il peso della solitudine, dell'alcool e del deterioramento psicologico sulla propria pelle. Vede e sente cose strane. Cosa nasconde in verità Thomas? Perché solo lui può godere dell'unica fonte di luce artificiale dell'Isola? Qual è il segreto del Faro?


Recensione

ConThe Lighthouse, secondo lungometraggio, Robert Eggers dimostra maturità ed è uno dei registi più capaci delle sua generazione. Resta attaccato alle fascinazioni del New England, come visto in The Witch, solo ambientando la storia due secoli dopo. La foresta tetra e minacciosa che circondava il casale diroccato della famiglia di Thomas lascia spazio al Faro come unico riparo disponibile, anche sulla terraferma. Tutto intorno c'è solo oscurità.

Eggers riesce a creare un prodotto claustrofobico e ansiogeno e grazie a ciò lo spettatore vive la stessa tensione di Ephraim. Il tutto più rilevante in quanto vi è un uso del bainco e nero espressionista che richiama agli anni '20. Il cineasta richiama alla mente brividi lovercraftiani e guarda a grandi autori come Egar Allan Poe (il regista si è ispirato ad un suo racconto). Ne risulta un lavoro ottimo dal punto di vista sensoriale e visivo.

Anche gli interpreti sono straordinari. La chimica tra Pattison e Dafoe è ineccepibile.

Il cinema di questa autore britannico, specie in questo secondo lavoro, è raffinato e nulla viene lasciato al caso.

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