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RECENSIONE: Mondocane (Alessandro Celli)

Aggiornamento: 30 giu 2023


Voto: 4/5

Regista: Alessandro Celli

Interpreti: Dennis Protopapa, Giuliano Soprano, Alessandro Borghi, Barbara Ronchi, Ludovica Nasti

Anno: 2021

Durata: 110 minuti

Genere: Drammatico


 

Trama

Nel prossimo futuro, Taranto è una città fantasma circondata da filo spinato in cui nessuno, nemmeno la polizia, osa entrare. I più poveri sono lasciati a lottare per la sopravvivenza, mentre una banda è in competizione per il territorio con un'altra banda. Due orfani di tredici anni, cresciuti insieme, sognano di entrare a far parte di una delle gang.


Recensione

Esordio per Alessandro Celli con un film distopico ambientato in un futuro prossimo, in cui Taranto diviene una città fantasma, con le acciaierie all’orizzonte, e il miraggio dell’Africa come luogo cui approdare per uscire da una situazione di povertà e desolazione. Una pellicola che stupisce e che segna una strada nuova per il cinema italiano, in una narrazione che è un mix fra Il signore delle mosche e La paranza dei bambini.

In questo futuro molto vicino, con riverberi del reale, ci sono due ragazzini, orfani, recuperati dalla strada da un pescatore, in qualche modo da lui schiavizzati, stretti da un forte legame d’amicizia, che vogliono entrare nella gang delle Formiche, per riprendersi quello che la vita gli ha tolto.

La città, infatti, è divisa in zone recintate, classi sociali, bande che sopravvivono rubando, uccidendo, e le Formiche godono della guida di Testacalda, un convincente e sempre bravo Alessandro Borghi, a capo di ragazzi abbandonati (i randagi) nelle zone contaminate, manipolati da lui psicologicamente.

I due orfani, cresciuti ai Tamburi, aspirano a farne parte, non senza una serie di difficoltà, visto che Pietro (Dennis Protopapa) supera la prova d’iniziazione e viene accolto con il nome di battaglia di Mondocane, mentre Christian (Giuliano Soprano), che soffre di crisi epilettiche, viene deriso e schernito dagli altri ragazzi, che gli affibbiano il soprannome di Pisciasotto. Ma la loro amicizia non si spezza, e fa sì che entrambi non solo diventino parte della gang, ma vi si mettano in mostra, nelle imprese a delinquere che la banda persegue.

Questa gang, però, ha anche una missione segreta, che va ben al di là della semplice apparenza, ossia della voglia di delinquere, e di controllare un territorio, e questo sarà uno degli elementi che incrinerà l’unione fra i due tredicenni, l’altro sarà la figura di una ragazzina (Ludovica Nasti ). Il racconto ha una sua tensione narrativa costante e crescente, un grandissimo ritmo, una regia personale, che non concede nulla alla noia, e in grado di unire il genere al sociale.

Il regista, con un passato fra corti e fiction, è molto capace a condurre sullo schermo questi giovani attori in questo originale racconto di formazione. Film che merita di essere visto nonostante troppi spunti narrativi non sviluppati e fini a se stessi.



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